Recarsi in ufficio ogni mattina e uscirne la sera, timbrare il cartellino tutte le volte, piccoli riti che fanno parte del nostro quotidiano. E se la situazione nel mondo del lavoro stesse per cambiare?
Un’aria nuova tira da ovest e più precisamente dagli USA e si chiama “smart working”, che letteralmente significa lavoro intelligente, o meglio, lavoro agile.
Il principio che sta dietro a questa nuova visione del lavoro è quello di rendere le professioni dei dipendenti meno legate agli spazi dell’ufficio. D’altronde, grazie alle nuove tecnologie, molte attività possono essere svolte ovunque. Da casa al bar.
Non si sta parlando solo di telelavoro, ma di un concetto più ampio che ingloba una nuova visione degli spazi fisici, la flessibilità oraria, l’utilizzo di nuovi sistemi di comunicazione tra collegi e di condivisione di dati, l’impiego di tecnologie “cloud” per scambio informazioni.
Spesso oggi, i dipendenti si trovano a dover lavorare in open space caotici in cui è difficile concentrarsi, questo va a discapito della produttività. Per venire incontro al problema e rendere la vita più facile, è stata di recente presentata in Camera una nuova proposta di legge sottoscritta da Irene Tinagli (Scelta Civica), Alessia Mosca (Pd) e Barbara Saltamartini (Ncd). Nella proposta si specifica che chi opta per il lavoro da casa ha il diritto di ricevere un trattamento economico e normativo uguale a quello degli altri dipendenti.
Ovviamente, non è che i dipendenti potranno essere completamente slegati dall’ufficio. Alcune mansioni troveranno ancora il fulcro lavorativo nella sede dell’azienda, dipenderà dai periodi dell’anno e dalle ore della giornata.
È stato provato che chi adotta misure smart ha un risparmio in termini di costi (ad esempio trasferte aziendali, viaggi, etc…) e di spazi (la stessa scrivania può essere condivisa tra due dipendenti), e un guadagno del 6% in termini di produttività.